La Boscaiola
Il luogo da cui il sogno ha avuto inizio
La Boscaiola, cascina del 1600, nel cuore della Franciacorta. Qui da sempre si creano vini d’anima.
La sua storia recente guidata dalla famiglia Cenci trae origine nel 1960, quando Nelson Cenci, medico, alpino e scrittore rileva la cascina e i suoi vigneti semi-abbandonati e li ristruttura, ponendo le basi per la produzione vitivinicola che ancora oggi caratterizza questa tenuta ed i vini firmati Vigneti Cenci.
Qui, da oltre trent’anni prendono vita i nostri vini, nell’attenzione accordata alle piccole cose, alla campagna, alla vendemmia e al lento affinamento sui lieviti.
L’amore per il nostro territorio si esprime anche nel metodo che, con l’assenza di utilizzo di zuccheri esogeni, permette ai nostri vini di valorizzarlo.
La storia di Nelson Cenci
Gli Alpini, loro lo conoscono bene. Sanno chi è Nelson Cenci. Cosa ha fatto. In guerra e in pace. Lo incontravano alle adunate. Lo vedevano in tv, ospite di “Porta a porta”. Lo ascoltavano alle riunioni. Lo sentivano raccontare, con quella voce calda, pacata, affettuosa, velata di nostalgia, i momenti di una lunga vita. La sua. Ricca di sensazioni, di ricordi, di sofferenza, di amicizia.
Per Natale, era pronto il suo ultimo impegno letterario: “…Accanto al camino…” Non è un romanzo. Non è un trattato di storia. Ma un riepilogo,cordiale, nostalgico, accorato, ricco di considerazioni, di momenti, di sensazioni, sulla sua vita. Un passaggio della stecca da un Vecio ai giovani. Alpini, e non.
Capitoli stringati e poetici. La storia di una esistenza che affonda le sue radici laggiù, da quel 1919 che lo vide nascere a Rimini. L’infanzia trascorsa nella quiete dei boschi di una località sperduta dell’appennino tosco-romagnolo, a contatto con la natura. Dalla neve invernale ai giochi di estati indimenticabili. E poi, il trasferimento, tutto solo, dodici anni, nella grande città. A Milano, cui dedicherà uno struggente affresco. Come era bella, vista con gli occhi incantati della gioventù. E come è diventata oggi, rovinata dai tempi moderni.
I ludi giovanili, balilla, poi avanguardista, l’Università, le gare di canottaggio, la vittoria nell’otto del GUF Milano ai Littoriali del 1940, all’Idroscalo. La naja alpina, il Montenegro con la Julia, la Russia con la Tridentina, la terribile ritirata. Il ritratto dell’amico, Mario Rigoni Stern. L’affresco di don Carlo Gnocchi, conosciuto in Montenegro e poi in Russia, rivisto nella chiesetta sul monte Orfano, sopra Cologne Bresciano. Il Paese dove si ritirò a vivere, dopo il tempo della maturità. La sua carriera di medico, a combattere il dolore, ad aiutare chi soffre. La lettera inviata ai due bisnipoti, Mattia e Alice, figli di Francesco, anche lui alpino, nipoti di Giuliana, la primogenita. E tante belle poesie. Due in vernacolo milanese, dedicate alla città della sua vita lavorativa.
Di grande significato morale il capitolo “Ritorno sul Don”, e l’incontro con Vassili eroe della Patria. Nelson conclude così: “L’uomo può uccidere per difendersi e noi allora l’abbiamo fatto per metterci in salvo e poter tornare alle nostre case.” E chiude: “In quel momento ho fortemente sperato di non avere allora, durante quella immane tragedia, tolto la vita ad alcuno”. Da meditare! Un libro colmo di tenerezza, di amore verso la vita, la natura, l’amicizia. Anche verso il suo cane, Gherd, pastore tedesco, al quale dedica “Il nostro più caro amico”.
Commovente e dolcissimo. Una testimonianza preziosa di un tempo che fu, quando Patria veniva pronunciata con rispetto. Quando il Dovere era impegno sacro di una gioventù, lui racconta, fiera di essere e sentirsi italiana. Un accostamento amaro ai tempi attuali. Perciò un libro prezioso, da leggere in poltrona, vicino al camino.